
- 26 Maggio 2025
- Matteo Fratarcangeli
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- Comuni
Celano (AQ) 13 Settembre 2025
La presenza umana nell’area
perilacustre del territorio di Celano è documentabile a partire da 18.000 anni
fa.
Il ritrovamento dell’
insediamento palafitticolo delle “Paludi” ha portato alla luce strutture
paliformi lignee risalenti all’Età del Bronzo (3.700-3.600 anni fa) e una
necropoli (X secolo a.C.) con tombe a tumulo circoscritte da un circolo di
pietre.
In epoca romana il territorio
fucense di Celano viene inserito nell’ ager Albensis, gravitando intorno
all’orbita della città di Alba Fucens.
Le invasioni barbariche
successive al crollo dell’Impero Romano e le frequenti esondazioni del Lago
Fucino causarono l’abbandono dell’insediamento perilacustre celanese ed il
conseguente arroccarsi dell’abitato nelle più sicure alture del Monte Tino .
La conquista longobarda del
territorio marsicano segnò nel 591 la fine delle strutture amministrative
romane, sostituite dai ducati e dai feudi minori, tra cui le gastaldie. La
gastaldia dei Marsi venne inserita nel Ducato di Spoleto ed elevata al rango di
Contea nell’859-60 da Lotario II.
Con i Conti Berardi, Celano
divenne uno dei centri più importanti della Contea dei Marsi: il vescovo
Pandolfo, figlio del Conte Berardo II, ordinò, alla metà dell’XI secolo, la
costruzione della Chiesa di San Giovanni Battista, l’unico edificio che, nel
1223, si salvò dall’incendio e dalla distruzione totale della vecchia Celano ad
opera di Federico II , precedentemente entrato in conflitto con Tommaso, Conte
di Celano.
Fu lo stesso imperatore ad
ordinare la deportazione dei Celanesi in Sicilia e a Malta fino al 1227 quando,
per intercessione di Onorio III, ai Celanesi fu concesso di ritornare in patria
e ricostruire una “Cittadella” sul colle di San Flaviano, intorno alla nuova
Chiesa di San Giovanni.
Tra la fine del 1100 e gli inizi
del 1200 Celano diede i natali a fra Tommaso da Celano, ideatore del “Dies
Irae”, amico e primo biografo di San Francesco d’Assisi.
Sulla sommità di suddetto colle,
il Conte Pietro Berardi nel 1392 fece edificare il castello, simbolo
dell’autorità comitale nell’intero territorio marsicano.
Si deve alla Contessa Jacovella,
ultima erede dei Conti di Celano e al suo terzo marito Leonello Acclozamora la
ventata di arte rinascimentale visibile nell’architettura del castello e nelle
chiese celanesi, arricchite dagli interventi artistici di maestranze aquilane.
Nel 1463 Ferdinando d’Aragona
assegnò la Contea ad Antonio Todeschini Piccolomini, marito di Maria d’Aragona
e nipote di Enea Silvio Piccolomini, salito al soglio pontificio con il nome di
Papa Pio II.
Nei 128 anni di dominio, i
Piccolomini rinnovarono Celano con la loro arte rinascimentale toscana, contrassegnando
di mezzelune, simbolo araldico della famiglia, edifici militari, civili ed
ecclesiastici.
Costanza Piccolomini vendette nel
1591 la Contea di Celano alla sorella di Papa Sisto V, Camilla Peretti.
I Peretti governarono la Contea
fino alla fine del ‘600, secolo buio, contrassegnato da povertà, peste e
rivolte popolari. Il Conte Francesco Peretti si ritrovò infatti a gestire nel
1647-48 la rivolta popolare scoppiata in concomitanza con il moto napoletano di
Masaniello: il castello venne preso d’assalto e occupato dai rivoltosi
capitanati dall’aquilano Antonio Quinzi, sedati solo dalla feroce repressione
delle truppe spagnole aiutate dal bandito Giulio Pezzola.
Dopo i Peretti, la Contea passò
nelle mani dei Savelli, dei Cesarini e infine degli Sforza-Bovadilla.
Nel secolo XIX il trauma ambientale e le drastiche variazioni climatiche causate dal prosciugamento del Lago Fucino segnarono l’inizio del fenomeno dell’emigrazione, aggravato dal devastante terremoto del 1915, che distrusse gran parte del centro storico ed uccise un terzo della popolazione celanese.
Nel 1951, con la fine dei tumulti
anti-Torlonia, gli agricoltori diventarono i legittimi proprietari delle terre
emerse dal prosciugamento, ettari ed ettari di coltivazioni che hanno portato
al boom economico degli anni ’60.