
- 26 Maggio 2025
- Matteo Fratarcangeli
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- Comuni
Castelli (TE) 29 Agosto 2025
DA DANTE AI GIORNI NOSTRI UNA RIFLESSIONE SULL'ESISTENZA - PIAZZA SAN ROCCO 17:30
Castelli sorge ai piedi del Gran
Sasso a 500 m. s.l.m., in posizione apicale alla vallata del Vomano, è uno dei
paesi più antichi e dell’Appennino teramano. Già nota prima dell’espansione
romana nei territori dei “popoli italici”, Castelli ha la sua storia
scritta nei toponimi della zona e nella tradizione popolare che la vuole
abitata dai siculi, da cui Valle Siciliana, e da altre popolazioni. Nel periodo
romano il paese con tutto il territorio entrò a far parte dell’ager atrianus,
in sostanza alle dipendenze di Atri, che in Abruzzo era la città più fedele a
Roma. Alla caduta dell’Impero romano d’occidente, come tutte le popolazioni
italiane più esposte ai saccheggi e alle invasioni, anche le popolazioni
abruzzesi si rifugiarono sulle montagne.
Gli abitanti della vallata, in particolare dividendosi in gruppi, occuparono i poggi più alti e scoscesi dei monti dell’Appennino circondati dai boschi. Da qui il vecchio toponimo “Li Castelli” la cui memoria è oggi testimoniata dallo stemma comunale formato da tre torri su un castello aperto. Con il monastero si San Salvatore inizia la fase benedettina della storia castellana e, in genere, dell’intera vallata del Vomano.Con la loro presenza i monaci rianimarono le sparse popolazioni attraverso la preghiera, la cura dei boschi, il valore della cultura, l’uso della’argilla per la costruzione di utensili domestici.. Con il tempo venne fuori una società diversa da quella agro-pastorale, più dimanica sul piano sociale ed economico, con una complessa organizzazione maschile e femminile.
Nel corso del medioevo il paese è politicamente registrato all’interno della contea della famiglia dei de Pagliara. Nel 1340 Castelli, la contea di Pagliara e la Valle Siciliana passarono alle dipendenze della famiglia romana degli Orsini a causa del matrimonio contratto tra la figlia del conte Gualtieri e il barone Napoleone Orsini. Un dominio feudale politicamente contrastato per i riflessi, che le guerre tra Francia e Spagna per la supremazia in Italia, ebbero in Abruzzo e più in generale nel Regno di Napoli. In pochi anni la vallata passò, prima, nelle mani del Conte Francesco Riccardi di Ortona, più vicino al re Ladislao, poi in quelle di Antonello Petrucci dei Conti di Aversa per tornare, poi, col titolo di baronia, nel 1500, nuovamente sotto gli Orsini nella persona Camillo Pardo. Nel 1524 , dopo la definitiva sconfitta francese, gli Orsini perdettero la baronia che andò al duca di Sessa.Nel 1526, Carlo V, oramia riconosciuto l’incontrastato imperatore del sacro romano Impero, dopo averla elevata al rango di marchesato, la concesse, come ricompensa ai servizi resi nella battaglia di Pavia, al generale Ferrante Alarçon y Mendoza e ai suoi eredi. Castelli così entrò a far parte del marchesato della Valle Siciliana e vi restò fino all’eversione della feudalità.
Sotto gli spagnoli castelli si
aprì al commercio italiano ed europeo.
Il territorio comunale si estende
per 25,3 Kmq. L’abitato di Castelli (500 m s.l.m), di origine medioevale,
appare all’improvviso, percorrendo la strada provinciale n. 37, dopo aver
superata la frazione Casette-Faiano. Sorprende piacevolmente per la sua
caratteristica e salda posizione, a ridosso di uno sperone breccioso
profondamente eroso dai corsi d’acqua Rio e Leomogna.
Le case sono sostenute da imponenti arcate in pietra (lo steccato), periodicamente consolidate. Particolare la percezione paesaggistica e, sullo sfondo di una zona calanchifera, si osserva una sovrastante cornice verdeggiante di boschi con le pareti e le cime maestose dei Monti Camicia (2564 m) e il centro storico da visitare Prena (2561 m), che compongono una parte dalla catena del Gran Sasso d’Italia. Castelli è famoso a livello internazionale per la tradizionale lavorazione artistica della ceramica che, pur costituendo ancor oggi l’attività economica principale, ha conosciuto in passato la sua fortuna maggiore.
Dalla piazzetta Marconi si imbocca con breve scalinata la Scesa del Borgo sulla quale si affacciano diversi laboratori di ceramica. Sulla destra, in via del Giardino, è la bottega di Di Simone Antonio che conserva intatte con attrezzature, stampi, suppellettili ed utensili l’atmosfera e la suggestione de la bottega artigiana dei secoli passati. In fondo alla Scesa del Borgo, su agevole sentiero che si snoda sotto lo strapiombo dell’abitato si incrocia subito sulla sinistra la zona di scavo discarica Grue e poco oltre un esemplare di forno a respiro ancora funzionante (ricostruito da D’Egidio Antonio nel 1986) per la cottura a legna della ceramica. Dalla piazzetta Marconi, lasciandosi alle spalle la chiesa di S. Rocco ed alla sinistra il palazzo Antoniano si accede al centro storico, risistemato nella pavimentazione con un intervento del Castelli Parco. Ci si affaccia dallo steccato sulla sottostante vallata del Leomogna e sull’imponente scenario montuoso della catena del Gran Sasso (da questo belvedere si pratica, nel mese di agosto, il tradizionale lancio dei piatti). Sulla Piazza Roma si aprono quattro strette strade a pettine disegnate da edifici medioevali in pietra e muratura, ricchi di portali, architravi, iscrizioni ed elementi decorativi anche moderni dell’Istituto d’Arte). In fondo alla via Carmine Gentile è la casa di Orazio Pompei (1500) Sulla piazza Roma si affaccia la chiesa di S.Giovanni Battista che è la parrocchiale.
La nascita della ceramica a
Castelli si deve soprattutto alle caratteristiche naturali del territorio, in
particolate l’abbondante presenza di cave d’argilla, boschi di faggio per la
legna e i forni, i corsi d’acqua, giacimenti di silice. La tradizione ceramica
si è sviluppata a Castelli già in epoca etrusca. Favorita sicuramente dalla
presenza dei monaci benedettini che producevano suppellettili di uso
quotidiano. I primi reperti datati risalgono al XV secolo, ma in realtà è
impossibile dire con esattezza quando la produzione ceramica sia sorta e si sia
affermata. E’ dalla seconda metà del 1500 che questa arte vive il suo periodo
di massimo splendore. La ceramica divenne così l’unica vera economia, tanto che
ancora oggi la maggior parte della popolazione risulta dedita a questa nobile
arte.